Sigrid Undset: contro il Nazismo, la forza delle parole
Una perla rara dimenticata. Sigrid Undset è stata tra le poche donne (in tutto sedici) ad aver vinto il premio Nobel per la Letteratura. Una scrittrice norvegese che si oppose strenuamente al nazismo. Una voce da conoscere e amare.
Nata il 20 Maggio del 1882, Sigrid proveniva da una antica famiglia di proprietari terrieri, gli Halvorsen, che nella prima metà del ‘700 si era insediata nella valle del fiume Atna, dove oggi sorge il meraviglioso Parco Nazionale di Rondane.
Era stato il nonno di Sigrid, un sottufficiale, a muoversi per primo verso nord accettando una mansione in una workhouse. Le “case lavoro” erano istituzioni basate su una legge norvegese che autorizzava la polizia a trattenere poveri e vagabondi fino a un massimo di sei mesi, impiegandoli in diversi tipi di lavori “socialmente utili”, diremmo oggi. Chissà cosa l’avrà spinto tanto lontano, a vivere in un contesto tanto ingrato. Sappiamo che fu un cambiamento radicale: il nonno di Sigrid cambiò il cognome nome in Undset, ispirandosi a un luogo di cui la nonna gli aveva narrato. Un uomo duro ma anche volubile, testardo e inquieto, una figura che risalterà per contrasto con quella intellettuale e rassicurante del padre di Sigrid.

Ingvald è colto, curioso, aperto a nuovi stimoli e amante dei viaggi in Europa. Si laurea e poi conclude un dottorato in archeologia, divenendo un nome nel campo. Nonostante la morte prematura, ad appena 40 anni, la sua passione e le sue competenze nell’ambito della storia vichinga avranno una grande influenza su Sigrid e costituiranno terreno fertile per lo sviluppo del suo pensiero e dei suoi scritti.
Sigrid somigliava al padre: cresciuta in un ambiente di liberi pensatori, era abituata a mettere sempre tutto in discussione. Mostra sin da bambina una personalità originale e anticonformista: non le piaceva la scuola, proprio come più tardi, da adulta, non imparò mai ad amare il suo lavoro da impiegata. A 27 anni, si dimetterà, per iniziare una nuova vita.
Introversa, solitaria e riflessiva, la sua vita è sempre stata nei libri.
Capita che a molti venga dato ciò che era in origine destinato ad altri, ma nessun uomo può ricevere in dono un destino che non sia il proprio.
La sua vicenda personale è costellata di colpi di scena e di testa: come il matrimonio con il pittore Anders Castus Svarstad, con il quale aveva intrapreso una relazione “illecita” (Svarstad era sposato e aveva tre figli) tre anni prima. Svarstad era un uomo brillante e amante dei viaggi (il viaggio, un tema ricorrente nella vita e nell’opera di Sigrid), famoso soprattutto per la pennellate vivida e suggestive con cui ritraeva ora Chicago ora Londra, ora Bruges, Parigi, Roma e Napoli.

Lascia la prima moglie per Sigrid nel 1912 ma 7 anni dopo il matrimonio è già incrinato. I due avevano avuto tre figli, uno dei quali gravemente malato.
Sono anni difficili, in cui Sigrid trova rifugio nella scrittura.
Il matrimonio non funziona: il marito le tarpa le ali, anteponendo la propria carriera artistica a quella di Sigrid. Lei inizia a interessarsi alla questione femminile, indaga modelli e proposte, scrive di emancipazione, si trova a polemizzare con alcune posizioni del movimento femminista. Parallelamente, coltiva un suo percorso spirituale, studia e svolge ricerche sulle religioni scandinave. Scrive romanzi storici, raccolte di leggende, diviene un’autorità nel campo degli studi medioevali.
Sigrid legge moltissimo anche opere a lei vicine. Traduce dall’inglese al norvegese, arrivando inoltre a elaborare critiche complesse e profonde su autori come le sorelle Brontë e David Herbert Lawrence.
Il suo primo romanzo, nel frattempo, ha già dato scandalo, affrontando un tema delicato come quello dell’adulterio, da un punto di vista tutto femminile.

A seguire ci saranno una serie di scritti in cui il tema dell’amore infelice ricorrerà come leitmotiv, sullo sfondo di ambientazioni ora moderne ora medievali. Gli orrori della prima guerra mondiale e i tormenti personali però la segneranno profondamente. La ricerca spirituale la porterà in quegli anni a scoprire il cattolicesimo, al quale si converte nel 1924.
A quel punto il matrimonio con Svarstad, secondo la legge cattolica, è nullo. E lei è una donna libera.
Nel 1928 la sua carriera è all’apice: vince il premio Nobel per la letteratura. Il cristianesimo entra nei suoi scritti in modo sempre più evidente, nonostante la conversione, in Norvegia – nazione quasi esclusivamente luterana -, sia vista con enorme sospetto. La sua morale è forte e peculiare ma continua a essere apprezzata anche da chi non ne condivide la spiritualità.
I suoi sono libri che spronano a occuparsi e preoccuparsi del prossimo, a vivere con responsabilità, a rispettare la vita e la natura intorno a noi.
I suoi interessi investono pian piano anche la politica: Sigrid ricerca e scrive sulla filosofia del nascente partito nazista. Si dichiara acerrima avversaria del regime sin dai primordi, scorgendo dal 1933 in poi, nella figura di Adolf Hitler, l’incarnazione di un male feroce e aberrante che, come una profezia, esploderà di lì a qualche anno.
Nella Germania nazista le sue parole vengono bollate come pericolose, i suoi libri messi all’indice. Il suo nome entra presto nella lista nera della Gestapo.

Quando Bjerkebæk viene occupata dalle truppe tedesche è costretta a fuggire. Due dei tre figli sono già morti, una di malattia, l’altro in battaglia. Nel 1940, insieme al figlio minore, si unisce al movimento di resistenza per poter attraversare la Norvegia e mettersi in salvo in Svezia, oltrepassando la città bombardata di Åndalsnes e la contea di Nordland. Dalla Svezia decide poi di salpare per gli Stati Uniti, dove per tutta la durata della guerra continua a scrivere e a tenere conferenze per la pace e contro l’ideologia nazista.
Riuscirà a rientrare in patria solo a guerra finita, ricevendo dal governo norvegese onorificenze e premi per l’impegno a favore della liberazione. Dalla guerra però non si riprenderà mai. Vivrà pochi anni nel totale silenzio, per infine spegnersi e essere sepolta accanto al figlio e alla figlia: un tumulo con tre semplici croci di legno scuro, nel piccolo villaggio di Mesnali.
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