Il dubbio di Balla: la bellezza nello sguardo

Il dubbio di Balla: La bellezza nello sguardo

Giacomo Balla, “Il dubbio”. Dettaglio dello sguardo.

Alcune figure poste dinanzi a noi, ci osservano con intensità, ci scrutano e sussurrano con il loro delicato silenzio che c’è sempre vita oltre ogni umano vacillare. Alcune immagini poste oltre la nostra concreta realtà, ferme e quiete come un faro ci indicano una rotta da seguire. Sono lì, nella sala di un museo o tra le pagine di un testo affinché giungano alla vista dei nostri occhi spesso lontani e sfuggenti.

Il movimento futurista ha fatto comprendere quanto l’incontro di intenti e personalità diverse spesso siano state feconde. Eppure, della scia frenetica futurista che ha abbracciato i settori più diversi, l’abilità degli artisti nel cambiare stile e soffermarsi su aspetti più intimi e quotidiani si impone ancora oggi alla nostra attenzione.

Così è stato per Giacomo Balla (1871/1958) pittore, scultore, scenografo tra i fondatori del movimento. Innegabile è l’importanza da lui rivestita nella Storia dell’Arte in quanto artista poliedrico, creatore di opere innovative e originali, soprattutto perché inserite in quel determinato contesto storico artistico in cui sono nate.

È noto il suo approccio, intorno al 1905, al movimento del Divisionismo per poi arrivare nel 1909 alla svolta futurista con opere in cui la scomposizione della luce e il tema del movimento sono stati gli oggetti principali della sua ricerca. Eppure, di questo passaggio da una calma apparente alla dissoluzione di forme, luci e colori c’è qualcosa che invita alla quiete e al silenzio per dare tregua ai pensieri e al trascorrere dei giorni frenetici. C’è uno sguardo che si ritrova nei ricordi, nella memoria.

Uno sguardo intimo ed enigmatico che ci osserva dal passato reso eterno e invalicabile.

Elisa Marcucci, moglie e musa di Giacomo Balla, ritratta tra il 1907 e il 1908 nell’opera “Il dubbio”, nella sua posa di tre quarti ci suggerisce qualcosa che non si comprende immediatamente e lo fa avvolta in un sensuale gioco di luci e ombre che richiama l’ambiente caravaggesco. La sua espressione invita alla pace interiore, il suo sguardo chiede di fermarci per qualche istante, ed è questa tacita richiesta che ci affascina e ci permette di riflettere.

In una quotidianità fatta di immagini e voci che incessanti scorrono e si impongono ai nostri occhi e alla nostra attenzione, accade che dal lontano 1907 una donna voglia parlarci o più semplicemente desideri invitarci all’ascolto vero e alla ricerca di un senso di bellezza che a volte sembra perduto, capace di colmare ogni vuoto e dare tregua a ogni incertezza.

Ci fermiamo davanti al “Dubbio” di Balla e ci convinciamo che, sempre di più, desideriamo bellezza per i nostri occhi. Imprevista, pura, ribelle.

Imprevista come la parola che non ci aspettiamo, pura come l’aria mattutina, ribelle come il vento tra i rami degli alberi. Una bellezza che riempia ogni spazio e incanti ogni inquietudine.

Desiderando così soffermarci sul fascino del dettaglio e del particolare muto di un passato che ancora palpita di vita. Desiderando che sguardi trasparenti e puri come quello di Elisa Marcucci, avvolti in sapienti giochi di luce e ombra, ci riportino alla vita e diano un ordine e un senso di armonia alla confusione e alla realtà spesso distorta che avvolge gli uomini e le cose.

Giacomo Balla, “Il dubbio”.

Porre dei limiti ai richiami dell’arte significherebbe togliere vita alla sua innata finalità che è soprattutto, tra tante, quella di dare sollievo agli esseri inquieti e far sì che l’indelicatezza propria di alcuni gesti e di alcuni pensieri si addolcisca. E faccia di questo mondo un luogo in cui valga la pena abitare.

 

di Miriam Guzzi