Manifesto Decostruttivista: Intervista a Claudio Simoncini. Neuroscienziato, romanziere e artista, autore del “Manifesto Decostruttivista” edito nella nostra Collana Prospettive Alt(r)e. Abbiamo raggiunto telefonicamente il nostro autore, che da molti anni vive a Marsiglia, per svelarvi il suo mondo in nove domande. A partire dal rapporto con la scrittura.
Claudio, raccontaci cos’è per te la Scrittura.
Innanzitutto, per me la scrittura è essenzialmente tempo e spazio. Questo perché le dedico, ed essa stessa mi richiede, gran parte della mia esistenza. Sicuramente non scrivo per comunicare il mio pensiero, né scrivo per spiegare quello che ho dentro, perché, se volessi farlo, utilizzerei metodi, frasi, parole, costruzioni verbali e lessicali molto più semplici. Scrivo piuttosto perché sono l’unica persona che può dire e di conseguenza mettere nero su bianco quello che vorrei ma non posso leggere, perché non è pubblicato.
Paradossalmente, nel momento in cui penso questo, mi siedo alla scrivania e le frasi vengono da sé, automaticamente, una dopo l’altra, come si capisce, in maniera chiara, leggendo le cose che scrivo.
Non credo sia un processo molto diverso da quello che guida qualsiasi altro artista, a prescindere dal metodo scelto per comunicare, per questo mi piace essere identificato più come tale, che come scrittore. Ci tengo a dire che scrivere, per me, non è affatto una cosa piacevole.
Non ci trovo nulla di piacevole a star seduto davanti a una scrivania, solo, in una stanza, al chiuso, nel silenzio, per ore. Perdonatemi se non vedo in tutto ciò quel fascino che molti scorgono nella figura dello scrittore. Perdonatemi se detesto l’odore della carta e dell’inchiostro, il cattivo odore che si diffonde nel mio studio, dopo ore di lavoro, porte e finestre chiuse per lasciar fuori il rumore che disturba i pensieri.
Tuttavia, quel foglio bianco davanti ai miei occhi, rappresenta, come ho detto prima, il mio tempo, il mio spazio. Rappresenta la più grande libertà che io conosca, le infinite possibilità non ancora esplorate e l’infinito universo, all’interno del quale dormono tutti gli scrittori, i filosofi, i pensatori che ho letto, tutti gli artisti che ho incontrato sul mio cammino, persone che mi fanno tanta compagnia. Mi piace esistere con loro, nella loro libertà, per questo scrivo.
Cosa rende la tua scrittura innovativa?
Non credo che la mia scrittura, in quanto tale, sia davvero innovativa. Mi ispiro a persone che sono esistite e che hanno fatto questo prima di me. La mia, semmai, è un’innovazione necessaria a scardinare una tendenza che ultimamente si è sviluppata nella scrittura e nella letteratura: una certa banalità, un certo modo di narrare e vedere le cose che spesso sfiora la sterilità. La mia è un’innovazione al contrario. Un ritorno al passato. Prendo quello che è stato fatto e lo rielaboro in funzione della nostra epoca.
Se davvero vogliamo parlare di innovazione, allora possiamo farlo in relazione ai contenuti, che sono originali, perché nessuno ha vissuto la mia vita o pensa come me. Noi tutti siamo esseri unici, e come tali, possiamo comunicare sempre, se lo vogliamo, qualcosa di innovativo e nuovo.
Tu sei un neuroscienziato, con esperienza accademica nel campo della percezione visiva, maturata tra Marsiglia e Chicago. Quanto di questo bagaglio scientifico hai portato con te nella scrittura?
Ho svolto ricerca accademica come neuroscienziato per una decina di anni, ma sono anche stato un cameriere, un pizzaiolo, un lavapiatti, un meccanico, un militare, un pasticcere, uno studente, dentro la scrittura ci finisce tutto.
Tutto quello che ho vissuto, e non ho vissuto, il mio essere figlio, padre, marito, amante, fidanzato, amico, la musica che ho ascoltato, i libri che ho letto, le opere d’arte che ho visto, la mia memoria, insomma, rinasce nella mia scrittura, a volte volontariamente, altre volte inconsciamente.
L’esperienza come scienziato e nello specifico come neuroscienziato mi ha comunque permesso di approfondire le mie conoscenze sul metodo scientifico, di sviluppare ampie capacità analitiche e critiche. Tutte cose che ritengo importantissime, soprattutto per vivere nella nostra società odierna, ma anche per essere un bravo artista. D’altronde sono nato a qualche chilometro da Vinci, non posso pensarla diversamente.
Nei tuoi scritti però parli spesso di tempo, spazio, sogno, realtà. Le Neuroscienze hanno un ruolo in tutto questo?
Indubbiamente le conoscenze acquisite nel corso degli anni su come il cervello costruisce la realtà che abbiamo intorno, mi hanno portato a riflettere su molte tematiche interessanti. Come per esempio il concetto di “realtà”, cosa sia vero o falso, e su cosa siano realmente il tempo e lo spazio, e più in là, la coscienza stessa. Tutti elementi che entrano in maniera dirompente in quello che faccio, e di riflesso, in quello che scrivo.
Cos’è per te il Decostruttivismo e come nasce l’idea del “Manifesto Decostruttivista”?
Il Decostruttivismo sposa perfettamente con l’idea che amo di più, il fatto che non esista una sola realtà, la realtà esterna a noi. Esistono centinaia di realtà differenti, tante quante sono le persone presenti sulla Terra, più le diverse sfaccettature delle differenti società. Chi può dire quante realtà esistano davvero?
Spiegati meglio…
Il Decostruttivismo, che non vuol dire: “fare a pezzi”, bensì accettare che alcuni concetti, come per esempio la “realtà”, siano impossibili da definire, è qualcosa che mi è utile per riuscire, prima di tutto, a identificare l’incertezza del mondo al di fuori di me. Perché per me la realtà ha una precisa “faccia” ed è quella che io le do, e che è differente da quella di chiunque altro.
Non solo. Il Decostruttivismo mi permette di esistere all’interno del mio mondo in quanto artista e scrittore, l’unico mondo all’interno del quale io possa “essere davvero”. La società è talmente alienante oggigiorno, riconoscermi in essa non soddisfa la mia esistenza, casomai ribadisce la mia appartenenza a un gruppo, ma non posso considerarla esistenza. Nell’ultimo istante della mia vita, la società non verrà a rendermi merito, forse quando sarò morto, dopo che i miei parenti avranno pagato circa diecimila euro per seppellirmi.
Sento di esistere soltanto all’interno del mio mondo e il Decostruttivismo mi permette di superare lo stress psicologico relativo allo scontrarsi della mia realtà con quella degli altri e con la realtà che la società, in cui vivo, mi impone.
E il Manifesto?
Pura e innocente provocazione: perché se esistono tante realtà, perché dobbiamo sorbirci tanta banalità?
Il tuo è il primo romanzo in assoluto pubblicato da Kressida Editore. Come sono i rapporti con una casa editrice indipendente?
Non so come sia lavorare con una Casa Editrice indipendente, perché conosco solo la realtà in cui mi trovo, quindi la mia collaborazione con Kressida editore.
Posso dire che per me, un editore che ti comprende, capisce quello che fai, non prende il tuo manoscritto e lo smembra affidandolo a editor o ad altre figure dell’editoria, che ti lascia la tua Voce insomma, e che allo stesso tempo ti stimola, ti aiuta, ti inserisce al centro del suo mondo, perché sa di esistere anche grazie a te, è un ottimo editore.Un ottimo punto di partenza per future realtà editoriali, molto più centrate verso l’artista che non verso il mercato o chi usufruisce dell’opera.
Quindi, in questa realtà io mi trovo molto bene, perché mi dà ampio spazio di libertà e io ho bisogno della libertà per poter lavorare e scrivere in maniera ottimale. Kressida ha pubblicato il mio lavoro senza chiedermi soldi, senza domandarmi di acquistare copie del libro, e ha fatto un lavoro eccellente. Non conosco altre case editrici indipendenti, ma se sono così, ben vengano sempre di più!
Progetti futuri?
Progetti futuri: sono talmente tanti! Perché privare i lettori del gusto della sorpresa? Posso solo dire che ce ne sono e stanno evolvendo molto rapidamente. A breve, quindi, grandi novità.
Il Blog di Claudio Simoncini: Deconstructing Claudio