• ECONOMIA & SOCIETà • LETTERATURA 30 OTTOBRE 2023
Identità in fuga
di Mariaclara Menenti Savelli
Alla ricerca dell’autenticità nell’era dei social media, rileggendo Pirandello e De Martino

Identità in fuga: alla ricerca dell’autenticità nell’era dei social media
Pirandello e De Martino sulla crisi dell’identità e della presenza
Luigi Pirandello pubblica a Roma nel 1904 “Il fu Mattia Pascal” (inizialmente sulla rivista “Nuova Antologia”, poi in un volume indipendente). È un romanzo complesso dal punto di vista narrativo, ricco di livelli di lettura e che per questi e altri motivi, continua a destare l’interesse degli studiosi e dei lettori contemporanei. I temi affrontati sono di estrema attualità, per l’analisi profonda di concetti come l’identità, la libertà, la ricerca del significato stesso dell’esistenza.

Pirandello riflette sull’identità dell’individuo in un mondo che impone spesso alle persone di indossare maschere sociali, di mutare la propria vera essenza, per ricoprire un ruolo che permetta l’accettazione, il consenso e l’omologazione.
Il protagonista Mattia Pascal sperimenta il concetto di identità attraverso un drastico cambiamento di vita e di disconoscimento della “presenza”, nel momento in cui finge la propria morte per poter diventare qualcun altro.
Un tema assolutamente rilevante nel nostro tempo, in cui sembra che l’identità individuale sia messa in discussione, spesso negata, nascosta, a causa della pressione di una società che impone standard sempre più alti e che si affida ai “like” dei social media. Gli individui si trovano a gestire così diverse identità fittizie, a causa della “natura fluida” del mondo contemporaneo, come magistralmente analizzato da Zygmunt Bauman in “Intervista sull’identità”:
Nel nostro mondo fluido impegnarsi per tutta la vita nei confronti di un’identità, o anche non per tutta la vita ma per un periodo di tempo molto lungo, è un’impresa rischiosa. Le identità sono dei vestiti da indossare e mostrare, non da mettere da parte e tenere al sicuro…

Così nel protagonista del romanzo di Pirandello, Mattia Pascal, si innesca un vero e proprio conflitto tra la libertà individuale e le aspettative sociali. Dopo aver abbracciato la sua nuova identità, Pascal diventato Adriano Meis, sperimenta una libertà che non aveva mai conosciuto prima. Tuttavia, si accorgerà che anche questa sensazione di libertà è effimera, poiché fortemente limitata dalle convenzioni sociali e dalle aspettative degli altri.
Eppure la scienza, pensavo; ha l’illusione di render anche più facile e più comoda L’esistenza! Ma, ammettendo che la renda veramente più facile, con tutte le sue macchine così difficili e complicate, domando, io: «E qual peggior servizio a chi sia condannato a una briga vana, che rendergliela facile e quasi meccanica?»
L’indagine sul perché dell’esistenza individuale è sempre strettamente legata al senso stesso della vita, della nostra presenza nel mondo che può esserci confermato dalla ricerca spirituale o dall’impegno sociale, ma la sfida più grande, nella società moderna, rimane quella della ricerca universale del significato, del motivo per cui esistiamo e della conferma della nostra identità.
Nel 1948 Ernesto De Martino pubblica “Il mondo magico: Prolegomeni a una storia del magismo”, saggio fondamentale che pone in luce il concetto di “crisi della presenza” e ci accorgiamo che le interpretazioni antropologiche di De Martino e l’analisi della presenza nel contesto della narrazione di Mattia Pascal, si intrecciano in maniera sorprendente.

Il rischio di perdere la presenza ha luogo nei momenti critici dell’esistenza quando sporge la naturalità di ciò che passa senza e contro di noi.
Nel romanzo di Pirandello, il concetto di crisi dell’identità è sicuramente il tema dominante. L’apparente atto di liberazione da un’identità per abbracciarne un’altra si rivela, tuttavia, una condanna alla solitudine e alla perdita della presenza effettiva nella vita degli altri, mettendo in luce così il problema dell’autenticità e del significato dell’esistenza nell’epoca moderna.
La “crisi della presenza” teorizzata da De Martino, sottolinea il senso di alienazione e di distanza tra noi e il mondo, che caratterizza lo “stato” di modernità. Per De Martino l’individuo moderno si trova spesso in una condizione di “assenza da sé stesso”, incapace com’è di sperimentare la vita in modo totalizzante, pienamente presente.
La propria presenza personale, l’esserci, l’anima, «fugge» dalla sua sede, può essere «rapita», «rubata», «mangiata» e simili; è un uccello, una farfalla, un soffio; ovvero deve essere «riparata», «recuperata»; ovvero ancora deve essere «trattenuta», «fissata», «localizzata».
Questa “crisi della presenza” si riflette sull’idea di disintegrazione dell’identità individuale, tema parallelo a quello affrontato da Pirandello nel suo romanzo. Infatti, Mattia Pascal, dopo la sua metamorfosi identitaria, si trova alienato dalla sua vita passata, alla disperata ricerca del significato di una esistenza frammentata, resa ancora più ardua dalla sua incapacità di sperimentare una presenza autentica nel mondo.
Attraverso la lente con cui questi due autori, indagano e si interrogano sulla ricerca di autenticità, identità e significato, possiamo comprendere meglio le sfide umane universali legate alla società attuale e al mondo dei social, in cui si tende, sempre di più, a perdere l’autenticità della presenza e il valore di sé stessi.