• ECOLOGIA • ECONOMIA & SOCIETà 5 MAGGIO 2023
Il mare di tutti
Le questioni ambientali richiedono nuovi modelli di relazione con i grandi spazi blu.

Il mare di tutti.
La marine citizenship e gli oceani come bene comune
Una distesa cobalto che profuma di alghe e sale. Centinaia di bioregioni, migliaia di forme di vita, milioni di comunità umane che dipendono direttamente dalle risorse marine. Si può dire che i mari e gli oceani appartengano a qualcuno? O essi sono bene comune, eredità da custodire e trasferire, ricchezza da proteggere? La marine citizenship, o cittadinanza del mare, indica un modello in cui gli individui sono coinvolti nelle scelte che riguardano la salute degli ambienti marini, rivendicando diritti quali la preservazione degli ecosistemi a beneficio anche delle generazioni future. I “cittadini del mare” si attivano per la sua difesa e compiono scelte consapevoli.

Obiettivi comuni
Tra le sfide indicate dai documenti ufficiali del decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile 2020-2030 (UN), emergono chiari diversi indirizzi. Innanzitutto, vi è l’aspirazione a cambiare radicalmente la nostra relazione con il mondo marino. Comprendere e affrontare le minacce climatiche, proteggere e ripristinare la biodiversità, rovesciare i modelli economici di sfruttamento. Si tratta di obiettivi nobili e alla nostra portata, purché si lavori sull’allargamento della partecipazione attiva. E mai come prima d’ora questo desiderio è stato tanto diffuso e radicato.

Minacciati dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento ambientale, questi fragili ecosistemi sono tra i più soggetti a speculazioni, sfruttamenti e abusi. In essi sono ancora più evidenti i meccanismi di interconnessione che regolano la vita sul pianeta. I mari sono patrimonio del pianeta e delle comunità, umane e non umane, che da essi traggono nutrimento per la vita. La relazione con il mare è stata inoltre fondamentale per lo sviluppo di innumerevoli culture nel mondo.

Tuttavia, quando si parla di strategie di gestione dei mari, difficilmente riusciamo a configurare una partecipazione diretta alle decisioni che le riguardano. Ci preoccupiamo delle coste, delle spiagge, a volte dei primi tratti del fondale. Ma l’esperienza dei cittadini è ancora lontana dalle discussioni macro sulla salute e sulla tutela del patrimonio blu. In questo, occorre chiedere a gran voce un cambiamento politico.
Diritti e doveri
Secondo una recente ricerca svolta dall’Università di Exeter, nel Regno Unito, la “cittadinanza del mare”, ovvero la possibilità di partecipare consapevolmente alle decisioni e agli eventi trasformativi che riguardano mari e oceani, è un diritto da reclamare, a tutela del nostro benessere e di quello delle generazioni future. Le ricerche su questo tema si sono finora focalizzate sulla partecipazione sporadica e la responsabilità individuale, come singoli attivisti o associazioni che si occupano di promuovere stili di vita sostenibili, allontanando, ad esempio, le persone dal consumo di plastica monouso o ripulendo le spiagge. Ma la marine citizenship può diventare molto di più.

“la cittadinanza marina è più importante del cambiamento individuale. […] l’accesso alle decisioni ambientali, che oggi è mediato dagli enti, non consente agli individui di fornire un contributo diretto. L’influenza dei cittadini sulle discussioni che riguardano il futuro degli oceani è ancora minima.” – afferma Pamela Buchan dell’Università di Exeter, vincitrice del Celebrating Impact Prize 2022 dell’Economic and Social Research Council (ESRC).
I problemi marini sono legati anche alle nostre scelte individuali: alimentazione, stili di vita e consumi producono un forte impatto. Questi comportamenti divengono poi modelli. Propagandosi all’interno delle società, “disegnano” il nostro rapporto con il mare.
In questo senso, le mobilitazioni a favore dell’ambiente di questi ultimi anni e il desiderio di attivarsi concretamente per la difesa dei nostri territori, sono un primo segno di concezioni nuove del nostro vivere con responsabilità la natura di cui siamo parte. Di fronte alla natura, possediamo diritti e doveri. Tuttavia, occorre spingere perché il cambiamento investa anche i livelli più alti: riconoscendo l’emergenza climatica, le cause di inquinamento, i meccanismi che intaccano la rigenerazione delle risorse e le possibili minacce future agli equilibri del mare.

Già una ricerca del 2012 aveva messo in luce come il coinvolgimento dei cittadini nella gestione delle risorse marine promuovesse una maggiore sostenibilità ambientale e una migliore salute dell’intero ecosistema. A giocare un ruolo chiave sarà la nostra capacità di educare alle sfide che abbiamo di fronte, di aumentare il nostro senso di responsabilità e di promuovere scelte politiche diverse, attraverso la partecipazione attiva a favore del bene comune.
di Team Kressida
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