Anche le piante “traslocano”

Anche le piante “traslocano”. Per far fronte ai cambiamenti climatici, boschi, giungle e foreste si spostano verso aree ecologicamente migliori, trascinando con sé interi ecosistemi. 

Una ricerca condotta da Jenny McGuire, della School of Biological Sciences di Georgia Tech ha messo in luce i meccanismi coinvolti in questi “viaggi”.

Anche le piante “traslocano”. Molti sistemi vegetali mostrano resilienza nei confronti dei cambiamenti climatici, purché sia stato in precedenza conservato il loro naturale tasso interno di biodiversità.

Come reagiscono le piante alle minacce climatiche?

Come rivelatoci dalle più recenti ricerche della neurobiologia, la vita vegetale possiede una sua intelligenza ed è dotata di capacità comunicative sorprendenti, sulle quali gli scienziati hanno iniziato soltanto da pochi anni a farsi un’idea.

Le piante sono “problem solver” d’eccezione e queste capacità si rivelano fondamentali di fronte alle minacce ambientali, tra cui l’inquinamento e i repentini cambi di temperatura. 

 

Empatia, solidarietà, intelligenza: sono solo alcune delle caratteristiche in precedenza ritenute solo “umane” che si riscontrano nella vita vegetale (oltre che in quella animale).

Rifugi climatici

Il team interdisciplinare di Jenny McGuire ha analizzato il comportamento passato di interi sistemi vegetali di fronte a eventi distruttivi e massicce variazioni climatiche, in aree molto diverse tra loro, dalla Cina al Texas, fino alla Norvegia. I risultati sono stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) e hanno dimostrato come le connessioni tra membri diversi di uno stesso ecosistema (non solo diverse specie di piante ma anche gli animali che in quell’habitat vivono e sopravvivono) sia responsabile dell’elaborazione di complesse strategie di difesa e persino di interi “traslochi” verso terre dalle condizioni più favorevoli: veri e propri rifugi climatici, dove sebbene le condizioni siano diverse rispetto all’ecosistema originale, gli equilibri si ricreano e la biodiversità complessiva persiste. 

Il ruolo della biodiversità

Alcune specie mostrano una resilienza maggiore e una maggiore inclinazione a spostarsi per ripristinare le proprie naturali capacità di rigenerazione, portando con sé anche le specie animali che da esse dipendono per assolvere alle proprie necessità alimentari e trovare riparo. Ancora una volta, come accaduto in passato con altre analisi svolte sulla resistenza dei coralli alle ondate di calore estremo, è la biodiversità a fungere da protezione attiva nei confronti degli scenari più incerti.

Più un ecosistema è ricco in termini di diversità, più sono complesse le interazioni, più esso possiede risorse per far fronte al cambiamento.

Anche le piante “traslocano”. Vegetali e animali elaborano strategie comuni per far fronte alle minacce ambientali.

Il modo in cui questi meccanismi agiscono e si sviluppano è ancora oggetto di ricerca, ne sappiamo davvero poco e soprattutto non ci è chiaro quale sia il tempo minimo limite all’interno del quale può verificarsi un meccanismo di resilienza simile. In altre parole: se i cambiamenti avvenissero troppo in fretta, rischieremmo di vanificare anche questa possibilità. Per queste ragioni, occorre difendere la biodiversità e se vogliamo aumentare le nostre chance di sopravvivere al disastro ecologico, diventa un imperativo globale. 

Una tematica scientifica, economica, sociale e individuale

Oggi il 75% dei territori terrestri è minacciato dal cambiamento climatico. Una minaccia direttamente connessa ai nostri modelli economici e sociali. Delegare alla scienza la risoluzione dei problemi non basta, occorre che queste tematiche diventino parte della discussione sulla gestione dei territori e delle risorse: 

“L’identificazione di strategie per consentire a piante e animali di navigare in questi scenari in mutamento richiede piani di conservazione che riconoscano e integrino la complessità di questi problemi in modo socialmente esplicito”.

Occorre anche che esse si integrino nella nostra riflessione su stili di vita e consumo: 

“L’impronta umana globale si sta espandendo perché i bisogni si stanno espandendo”. 

 

Per approfondire: J.L. McGuire, A.M. Lawing, S. Díaz e N.C. Stenseth,  The past as a lens for biodiversity conservation on a dynamically changing planet, PNAS, 6 febbraio 2023

 

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Un saluto a Pio D’Emilia

Un saluto a Pio D’Emilia

Ieri ci ha lasciati Pio D’Emilia: un dolore per tutti gli amanti dell’Estremo Oriente, che dai suoi reportage traevano spunti e approfondimenti chiari e competenti per imparare a leggerne le vicende più complesse. 

Pio D’Emilia arriva in Giappone alla fine degli anni ’70, giovane laureato in giurisprudenza, con un borsa di studio dell’Università Keiō. Stregato dal Paese del Sol Levante, decide di restare. Diviene giornalista e negli anni collaborerà con diverse testate, dal Messaggero al Manifesto, dal Fatto Quotidiano a l’Espresso.

Cina e Giappone, in particolare, costituivano le sue aree di interesse principali e proprio su questi due paesi egli ha scritto numerosi libri e realizzato due tra i più interessanti documentari degli ultimi anni: “Fukushima, a nuclear story”, dedicato al disastro nucleare della Fukushima Dai-ichi (Pio è stato tra l’altro tra i pochi giornalisti ad averlo vissuto in diretta sul campo) e “YiDai YiLu la FerroVia della Seta”, sull’articolato programma cinese che mira a collegare commercialmente oriente e occidente.

In Giappone si sentiva a casa. Qui ha fondato l’associazione per la libertà di stampa Jiyūhōdōkyōkai ed è stato consigliere di esponenti del partito democratico giapponese, tra cui Naoto Kan.

Cina e Giappone: due mondi diversi, spesso di difficile interpretazione per il lettore occidentale, che Pio ha saputo raccontare con semplicità ed equilibrio, senza rinunciare a toccarne gli aspetti più controversi, a rovesciarne i luoghi comuni. Fornendoci, così, preziosi strumenti di conoscenza. Ma nel suo lavoro c’è anche un’Asia solitamente trascurata dall’informazione: le numerose crisi coreane, le rivendicazioni del popolo tibetano, le vicende politiche nelle Filippine, le dolorose proteste in Birmania.  

Pio D’Emilia e Tenzin Gyatso in occasione dell’intervista realizzata al Dalai Lama per SkyTG 24 a Milano, il 21 ottobre 2016. Photo credit Tenzin Choejor/OHHDL

Storico corrispondente di Sky TG24, dotato di forza gentile, ha speso oltre trent’anni spesi nella sua amata Asia Orientale, che aveva abbracciato quando l’Estremo Oriente era in buona parte meta esotica per i giornalisti italiani – con l’illustre eccezione di Tiziano Terzani – raccontando paesi di cui sapeva cogliere tutta la bellezza e la complessità, senza rinunciare a indagarne le contraddizioni.

Antifascista – e ci teneva a ribadirlo spesso – critico contro le guerre e i meccanismi nocivi del potere, esperto yamatologo e sensibile alle tematiche ambientali, ha scritto e affermato parole profonde contro il nucleare.

Pio D’Emilia durante la campagna Save Katoku, mirata a proteggere la spiaggia di Katoku (riserva marina incontaminata nel distretto di Ōshima in Giappone e santuario marino), dallo sfruttamento commerciale. Credit: informazione.it

Nel 2017 ha ricevuto il prestigioso premio CerviAmbiente, che fu di scienziati del calibro di Konrad Lorenz e Jacques Yves Cousteau. Un uomo coraggioso, che sapeva spingersi alla ricerca della verità oltre le apparenze, anche a costo di incontrare il pericolo, l’ignoto.

Locandina del documentario “Fukushima, a Nuclear Story” realizzato con Christine Reinhold e Matteo Gagliardi e uscito nel 2015.

Nonostante i problemi di salute non ha mai smesso di progettare, di sognare, di voler raccontare. Celebre anche l’esperimento che lo aveva portato a studiare su di sé gli effetti del passaggio a un’alimentazione sana, misurando scientificamente i progressi, per arrivare a dimostrare che siamo ciò che mangiamo (da questa esperienza è nato il documentario “Mini Size Me”), interrogandosi anche sulle conseguenze etiche delle nostre scelte alimentari. 

Pio D’Emilia. Credit: Corriere delle Alpi

La sua voce profonda e pacata, eppure così incisiva, ci mancherà. Buon viaggio, Pio.