• ECOLOGIA • LETTERATURA • SCIENZE & NATURA 16 GENNAIO 2023
Il silenzio olfattivo
di Mariaclara Menenti Savelli
Agli odori si attribuiscono virtù e vizi, mescolando il naturale con l’artificiale.

Il silenzio olfattivo: storia della deodorizzazione
I sensi non sono persone: ciascun senso è un polipaio di relazioni stabilite.
(Carlo Emilio Gadda)

A partire dalla fine del 1700, gli uomini occidentali smisero gradualmente di tollerare la vicinanza dei cattivi odori e della sporcizia delle città, visti come vizi capitali.
Iniziarono, perciò, ad apprezzare e a riscoprire i profumi che la natura incontaminata poteva offrire. Comparve in tutta Europa una nuova sensibilità, che spinse le classi più abbienti a fuggire dalle “emanazioni sociali” delle città ammalate e a cercare nei boschi e nelle montagne la purezza del respiro che, come dice Corbin, “rivelò l’armonia del loro essere nel mondo”.
L’attenzione al recupero degli odori naturali, però, finì per perdersi a favore di una lotta contro gli odori “cattivi”, fagocitando ogni sforzo olfattivo.
Nel febbraio del 1790 Noël Hallé ordinò una prima indagine olfattiva sulle due rive della Senna. Da medico, distinse l’odore dei “poveri buoni” da quello dei “poveri irrecuperabili.” Iniziò, quindi, il processo di deodorizzazione di Parigi, che coinvolse in poco tempo tutte le capitali europee.
Come scrive Lucien Febvre nella sua opera “La Francia moderna. Essenza di filosofia storica dal 1500 al 1640, 1961”: «In quegli anni le ricerche sull’aria da parte della chimica e dalla medicina infezionista, comporteranno un atteggiamento di inquietudine nei confronti degli odori, avvertiti come anticipatori di una potenziale minaccia». Un processo iniziato durante il terribile flagello della peste, che colpì l’Europa a partire dal 1300.
Il sorgere del concetto di individuo, il trionfo della visione borghese di appropriazione del mondo, la lotta di classe in cui il discrimine è tra coloro che “sanno di buono” e coloro che “sanno di sudore”, il rapporto tra anima e corpo, verranno tradotti in termini di metafora medica e olfattiva.
Il Risanamento rappresentò il grande piano di deodorizzazione di Parigi (1852-1869), realizzato dal barone-urbanista Haussmann su commissione di Napoleone III. La frattura fra le due linee di cinta (quella più interna dei Fermiers Généraux e quella più esterna di Thiers) definirà il nuovo confine fra la metropoli ingrandita e le Banlieue, oltre al perimetro del Dipartimento della Senna.
«La presenza alle porte di Parigi, ai confini con i quartieri più popolari, di emanazioni ripugnanti, costituisce una duplice minaccia: quella della salubrità e quella morale, che mettono in pericolo l’intera società.» (L. Roux, Sull’insalubrità e la minaccia alle istituzioni, 1841).

E in Italia? Lo sventramento di Napoli rappresentò la risposta italiana al problema del risanamento olfattivo.
“Bisogna sventrare Napoli” fu lo slogan che supportò la richiesta del sindaco Nicola Amore della Legge speciale per Napoli, approvata dal governo nel 1885. Lo slogan ripeteva l’esclamazione del presidente del Consiglio dei ministri, Agostino Depretis, venuto a Napoli assieme a re Umberto I nell’anno del colera. L’espressione fu ripresa dal romanzo di Matilde Serao: “Il ventre di Napoli”.
Senza saperlo, “la profumazione del mondo”, regolata da decreti che contenevano norme severe e dettagliate contro il fetore sociale, porterà, da allora in poi, verso l’eccesso della deodorizzazione a tutti i costi, investendo anche odori che nulla hanno a che vedere con il mefite: il mondo indosserà l’inquietante volto del non-odore o “silenzio olfattivo”. Fino ad oggi.

Perché profumiamo le nostre case con essenze chimiche che ci regalano “un senso di pulizia” ma che nulla hanno a che fare con l’igiene dei nostri ambienti? Lo facciamo, persino, quando consapevoli di inquinare. Abbiamo sviluppato una forte quanto fallace associazione tra odori artificiali (che spesso dichiarano di richiamare i profumi della natura) e una “virtù” di pulizia.
Il recupero degli odori e della nostra capacità di distinguere il naturale dall’artificiale è la sfida odierna e un obiettivo da perseguire. Per ritrovare non solo il nostro olfatto ma anche la cultura del mondo naturale che ci circonda.
L’olfatto è il senso della scoperta profonda.
«L’odorato, come il gusto, stabiliscono rapporti di fusione con il mondo. L’odore permette di avvertire non soltanto le sostanze ma anche le situazioni, i climi, i vissuti esistenziali. Coglie dati estremamente tenui, prerazionali: quelli dell’indicibile che si sprigiona da un essere, da una situazione, da un luogo.», Hubertus Tellenbach, Gusto e atmosfera, 1983