• ECOLOGIA • ECONOMIA & SOCIETà • SCIENZE & NATURA 12 APRILE 2022
Nuovi modelli etici per l’economia del futuro
di Anna Stella Dolcetti
La ricerca di modelli etici e sostenibili per l’economia del futuro è un processo che ci riguarda da vicino. “Non esiste attualmente un codice etico per gli economisti…ma dovrebbe esistere”. David Colander, Economista Tutto è collegato a tutto. Mai come in questo periodo storico è evidente, anche ai non addetti ai lavori, che le attività […]

La ricerca di modelli etici e sostenibili per l’economia del futuro è un processo che ci riguarda da vicino.
“Non esiste attualmente un codice etico per gli economisti…ma dovrebbe esistere”. David Colander, Economista
Tutto è collegato a tutto. Mai come in questo periodo storico è evidente, anche ai non addetti ai lavori, che le attività economiche si inseriscono nei contesti più ampi dei modelli di governo e della società, della cultura e dell’ecologia, plasmandone indirizzi e visioni, almeno quanto ne sono a loro volta plasmate. A loro spetta oggi il compito di riscoprire il ruolo tradizionale a servizio del soddisfacimento dei bisogni fondamentali e della realizzazione dei valori, per la costruzione di nuovi modelli etici per l’economia del futuro.
Di fronte a problemi globali scottanti è quanto mai necessaria una visione interdisciplinare e olistica di tutte le parti dell’insieme
afferma Christian Felber, storico e fondatore di “Economy for the Common Good” (il termine “economia del bene comune”, che indica un modello economico etico fondato sulla collaborazione, è di sua invenzione).

Occorre innanzitutto ritornare alla radice del termine economia, ovvero oikonomia, “governo della casa”. Le risorse economiche come mezzo per il benessere: un modello in cui il profitto è solo una parte di un quadro complessivo più ampio.

Il denaro non più fine a se stesso, bensì ponte, materiale da costruzione. Economia trasformativa, molto più che semplicemente “sostenibile”.
Che la qualità della vita non derivi soltanto dal soddisfacimento dei bisogni materiali o mediati dal mercato è abbastanza evidente. Anzi, il soddisfacimento di questi bisogni può entrare facilmente in conflitto con bisogni immateriali ben più importanti: un ambiente sano e una società giusta.
Ed ecco che il mercato si ripiega su se stesso, in una sorta di masochismo di cui ormai abbiamo persino piena consapevolezza (e per il quale sembriamo, dunque, avere sempre meno scuse). Un “diniego feticista”, secondo la definizione di Mannoni, una sorta di “je sais bien mais quand-même” (sì, lo so bene, ma in ogni caso…). Sappiamo ciò che stiamo facendo – a noi stessi e all’ambiente – ma lo facciamo comunque.
C’è chi sostiene che non si possa fare nulla per cambiare le cose e c’è chi ritiene che sia troppo tardi. Ma il potere trasformativo della cultura è immenso e parte da noi. I nuovi modelli etici necessari all’economia del futuro non possono attuarsi senza un cambio di paradigma.
Calcolo costante, mistificazione del profitto personale, materialismo e competitività sfrenata fanno parte delle nostre vite e sono diventati elementi fondanti delle nostre culture. Ridefiniscono il nostro successo. Ciascuno di noi, in diversi contesti, si trova schiacciato dal peso di queste dinamiche.
Secondo Felber, questi falsi valori si comportano come veri e propri veleni sociali, intaccando lentamente la dignità umana, la solidarietà, la giustizia e la libertà derivante dalla responsabilità.

La divulgazione di questa concezione dell’uomo ha conseguenze a lungo termine: si diffondono comportamenti privi di scrupoli e antisociali, le comunità e le relazioni diventano non vincolanti e fragili; persone egoiste e prive di empatia raggiungono più facilmente ruoli di potere e ne abusano. Ma non deve andare per forza cosi.
Il nostro esempio, anche nei più piccoli contesti e gli insegnamenti che prestiamo agli altri hanno un ruolo chiave.
Il filosofo Richard David Precht, tra gli altri, sostiene che “La spietatezza e l’avidità” non siano affatto “le principali forze motrici dell’essere umano”, bensì un risultato culturalmente appreso. E persino John Maynard Keynes sosteneva che il problema economico sarebbe stato prima o poi “relegato nelle retrovie, nel luogo che gli è consono”. Cuore e testa degli uomini avrebbero ripreso allora a dedicarsi “ai veri problemi: le domande sulla vita e le relazioni umane”.

L’economia mainstream è solo un frammento di ciò che il nostro sistema è e può essere. Possiamo aggiungere altri pezzi per formare un insieme significativo. La società democratica permette e garantisce allo stesso modo libertà di impresa e libertà economica, ma in cambio deve tornare ad esigere responsabilità etica e visioni umane.
La creazione di nuovi modelli etici per l’economia del futuro parte da qui.
di Anna Stella Dolcetti (CEO di Kressida, si è formata in Economia e Management presso la Luiss Business School e l’Imperial College di Londra. Scrive di ambiente, economia e sostenibilità per riviste e quotidiani nazionali ed è esperta in Culture e Filosofie Orientali).
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