• FILOSOFIA & NEUROSCIENZE • SCIENZE & NATURA 7 APRILE 2022
A causa della meraviglia
di Stefano Brega
Se volessimo intraprendere un’analisi delle imprese umane da dove potremmo iniziare? Dall’evoluzione? Dalla storia? Forse dal pensiero scientifico? E perché non dalle esplorazioni oppure dalle guerre? Potremmo trovare innumerevoli origini, molteplici prospettive, tutte egualmente valide, tutte assolutamente significative. Ma se volessimo trovare un singolo principio, un punto di partenza dal quale l’esperienza umana è sorta […]

Se volessimo intraprendere un’analisi delle imprese umane da dove potremmo iniziare? Dall’evoluzione? Dalla storia? Forse dal pensiero scientifico? E perché non dalle esplorazioni oppure dalle guerre?
Potremmo trovare innumerevoli origini, molteplici prospettive, tutte egualmente valide, tutte assolutamente significative. Ma se volessimo trovare un singolo principio, un punto di partenza dal quale l’esperienza umana è sorta e si è poi sviluppata, dovremmo rivolgerci ad una idea, ad un concetto, che potrebbe essere determinato con la necessità di sapere, di comprendere, in una parola con la conoscenza.
C’è un modo per definire la conoscenza? Tentare di comprendere cosa sia la conoscenza non è certo cosa da poco. Provare a delimitarne i confini o, anche solo approssimativamente la fisionomia, è un’impresa che sembra destinata invariabilmente alla frantumazione, alla dispersione in innumerevoli nozioni, ognuna delle quali pone un nuovo interrogativo.

Come dobbiamo considerare il ragionamento, l’informazione e l’esperienza? Che relazioni hanno tra loro l’analisi e la sintesi, l’innato e l’appreso? Esistono la coscienza e la mente? L’intuizione e il pensiero, la verità e la fede possono convivere insieme? E come si situano nei confronti delle scienze?
Se dovessimo immaginare la conoscenza, potremmo rappresentarla come una costruzione simile ad una sfera con il centro ovunque (ogni elemento pur essendo legato agli altri rimane comunque indipendente) e con i limiti in nessun luogo (nessun elemento è definibile in sé, né in connessione con altri).
Noi allora quotidianamente “capiamo”, ma capiamo cosa vuol dire capire? Pensiamo, ma sappiamo pensare cosa vuol dire pensare?
La nostra conoscenza diviene estranea non appena tentiamo di “conoscerla”: dobbiamo quindi abbandonare l’illusione di poterne disporre facilmente e pensarla piuttosto in una visione di molteplicità.
La conoscenza non può essere ridotta a una sola nozione, bisogna invece concepire più livelli ciascuno dei quali appartiene poi ad una area ancora più vasta, punto di vista particolare della conoscenza generale.

La conoscenza risulta essere un effetto di una causa che ancora dobbiamo comprendere.
Prima della conoscenza, prima della sistematizzazione di ciò che sappiamo cosa possiamo trovare? Qual è il principio?
Ancora una volta sono gli antichi maestri ad indicarci la via: Platone nel Teeteto fa dire a Socrate
Ed è proprio del filosofo questo che tu provi, di essere pieno di meraviglia; ne altro cominciamento ha il filosofare che questo; e chi disse che Iride fu generata da Taumante non sbagliò, mi sembra, nella genealogia (Teet., 55d).
Il principio del sapere è identificato nella meraviglia, Iride (messaggera tra gli Dei e gli uomini) è la Filosofia ed è figlia di Taumante, il cui nome in greco richiama il verbo “meravigliarsi” (Thaumazein).
Prima di ogni categorizzazione e sistematizzazione, antecedente ad ogni razionalizzazione c’è un sentimento, uno stato d’animo, una pacata esaltazione che ci riempie gli occhi di sorpresa e l’animo di un tremendo sgomento. Possiamo immaginare dei primi uomini pervasi dalla meraviglia. Possiamo tentare di narrare un episodio in cui questa emozione è sorta solo in alcuni individui, ed ha anticipato e poi guidato il pensiero momentaneo ed utilitaristico.
Pensiamo al fuoco. Immaginiamo il momento in cui si crea il fuoco da una fiamma spontanea causata forse da un fulmine oppure da una combustione naturale. Uno sparuto gruppo di esseri protoumani, ancora non dotati di un linguaggio strutturato, si avvicina con timore e curiosità a quella manifestazione colorata e violenta.
La meraviglia è il principio che andavamo cercando. Ed è a causa della meraviglia se il sapere, la scienza e la tecnica hanno potuto avere inizio e svilupparsi.

Quindi, l’analisi delle imprese umane è strettamente legata ad una trepidazione, ad una perdita della razionalità che permette di poter intuire, in un singolo momento, di essere contenuti all’interno di una gabbia, di una scatola di regole e convenzioni. Nel medesimo tempo la stessa trepidazione dà l’impulso di trasformare ciò che è contenuto in qualcosa di più grande del contenitore stesso, abbattendo le mura e guardando verso l’infinito.
I limiti allora si sposteranno, la gabbia diventerà più grande e sui nuovi confini si costruiranno altre credenze e quindi nuove demarcazioni, nuove consuetudini, che solo la meraviglia potrà poi spostare ancora più in là.
A causa della meraviglia: la meraviglia è una mistica confusione, una perdita temporanea del senno, un’ascesi che ci permette di poter avere prospettive inusuali, luci inconsuete, intuizioni formidabili.
Un sentimento raro, prezioso e senza fine, così come è infinita la tensione verso la sapienza.
Articolo di Stefano Brega (filosofo, specializzato in Filosofia del Linguaggio e teorie della Conoscenza)