• ECOLOGIA • ECONOMIA & SOCIETà 1 MARZO 2022
Ambiente in Costituzione
di Stefania Roncati
Ambiente in Costituzione. Una tappa fondamentale per la tutela dell’ambiente in Italia. Cosa aspettarsi?

Ambiente in Costituzione.
L’8 febbraio 2022 passerà alla storia come una tappa fondamentale nell’attualizzazione dei principi accolti dalla nostra Carta costituzionale del 1948. In quella data, infatti, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la Legge costituzionale n. 1/2022, che inserisce un espresso riferimento alla tutela dell’ambiente e degli animali, recando modifiche agli articoli 9 e 41.
In particolare, all’articolo 9, che nella versione originale recitava: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, ora è stato aggiunto un terzo comma:
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
Ritocca, inoltre, l’articolo 41, con l’inserimento di alcuni incisi che, riferendosi allo svolgimento dell’iniziativa economica, precisano che essa non può svolgersi in modo da recare danno all’ambiente.
Le modifiche alla Costituzione non sono così frequenti e l’iter che porta alla loro approvazione non è per nulla semplice, anzi. Colpisce che, nonostante la larga maggioranza con cui si è passati all’approvazione, vi siano state astensioni o addirittura un voto contrario: beni così primari come l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e per di più in una prospettiva rivolta al futuro, come indica il richiamo all’interesse delle future generazioni, avrebbero ‘meritato’ l’unanimità.
I Padri costituenti non sono esenti da colpe in quanto alla mancata previsione di una tutela ambientale, specialmente in connessione con il diritto alla salute propugnato dall’art. 32: di certo all’epoca non potevano prevedere tutti i cambiamenti e le trasformazioni subiti dal nostro pianeta degli ultimi decenni, ma non potevano non conoscere, da un lato, le conseguenze dannose provocate dalla Rivoluzione industriale della seconda metà dell’Ottocento, dall’altro, la coeva costituzione dell’International Union for the Conservation of Nature, prima organizzazione mondiale ad occuparsi di ambiente e la cui missione è da sempre quella di persuadere, incoraggiare ed assistere le società di tutto il mondo nella conservazione dell’integrità e della diversità della natura e nell’equo sfruttamento delle risorse naturali.
Pur se “la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema” già era nominata all’art. 117 Cost., ma solo per annoverarla tra le materie di competenza esclusiva statale, senza particolare rilievo in sé e per sé, ora viene ad essere inclusa tra i valori e principi fondamentali.
In questa direzione si era peraltro già espressa la Corte costituzionale con una recente sentenza, la 179 del 2019, ove si sottolineava la necessità di riconoscere – e tutelare – “una nuova relazione tra la comunità territoriale e l’ambiente che la circonda, essenziale ai fini dell’equilibrio ambientale, capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di interessi e utilità collettive, anche di natura intergenerazionale”.
La riforma si allinea così sia alla normativa europea, sulla scia, ad esempio, della cosiddetta Carta di Nizza del 2000, sia all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, tra i cui obiettivi vi è quello di “proteggere il pianeta dalla degradazione, attraverso un consumo ed una produzione consapevoli, gestendo le sue risorse naturali in maniera sostenibile e adottando misure urgenti riguardo il cambiamento climatico, in modo che esso possa soddisfare i bisogni delle generazioni presenti e di quelle future”.
Questo sguardo rivolto al futuro si ritrova anche nelle costituzioni di molti Paesi europei, come nella c.d. “Carta dell’ambiente” francese, che qualifica come obbligo la partecipazione alla tutela e al miglioramento dell’ambiente da parte di ogni individuo, o nella Grundgesetz tedesca, ove le fondamentali condizioni naturali di vita e gli animali ricevono protezione anche nell’ottica di “responsabilità verso le generazioni future”.
Non dimentichiamo, accanto all’ambiente, il riferimento al mondo animale, che compare per la prima volta nella Costituzione con la previsione di una riserva di legge per stabilire i modi e le forme di tutela degli animali.
Un passo che si pone nel solco delle linee guida della normativa europea contenute nel Trattato sul Funzionamento dell’UE del 2007, ove si puntualizza che “l’Unione e gli Stati membri devono, poiché gli animali sono esseri senzienti, porre attenzione totale alle necessità degli animali sempre rispettando i provvedimenti amministrativi e legislativi degli Stati membri relativi in particolare riti religiosi, tradizioni culturali ed eredità regionali”.
Ora, sulla carta sembrano essersi realizzate grandi conquiste. Ma è lecito chiedersi: cosa succederà in pratica?
Anzitutto, gli articoli così modificati impongono che qualsiasi legge o altro atto sia valutato alla luce dei nuovi principi: quindi, per un verso, se esiste una legge contraria alla tutela dell’ambiente o alla biodiversità potrà essere portata dinanzi alla Corte costituzionale per chiederne la dichiarazione di incostituzionalità; per un altro verso, se manca una legge in linea con questi principi, sarà possibile pretendere la presentazione della proposta in Parlamento.
Pensiamo, ad esempio, ad una legge come quella sulla caccia del 1992, che, stando ad un report pubblicato dal WWF il 10 febbraio, proprio nel trentennale della sua approvazione, vede un 76% di italiani contrari a questa pratica: ci si augura una revisione della stessa, considerati anche i forti limiti che la normativa ha evidenziato soprattutto in fase d’applicazione, insieme all’esigenza di fare un imprescindibile passo avanti nella tutela di tutta la fauna selvatica, anche quella contemplata come ‘minore’.
È fuori di dubbio che i nuovi principi non possano agire retroattivamente, ma è verosimile che possano avere una qualche ricaduta nei confronti dei processi già avviati, in quanto la giurisprudenza non potrà non tenere in conto le nuove norme costituzionali nella definizione dei suoi orientamenti.